Descrizione
Con sua spettacolare bellezza domina il paese, quasi a ricordare il suo legame indissolubile con le reliquie contenute in essa, soprattutto quella del sangue di San Lorenzo martire che ogni dieci agosto compie il prodigio della liquefazione. Si tratta di un’antica costruzione cistercense di indiscusso valore artistico e storico, monumento nazionale, il cui impianto domina il centro dell'urbe. La sua è una storia lunga e complessa, le cui vicende si fondono con quelle del paese stesso e la cui costruzione risale al IX secolo d.C., quando al posto della Collegiata esisteva una Chiesa più piccola, che andò distrutta nel 1165 ad opera di Federico I Barbarossa e sulle cui rovine i cistercensi edificarono l’attuale fabbrica (cfr. cronaca di Fossanova). La chiesa di S. Maria Assunta, opera gotico-cistercense, fu consacrata l’8 settembre 1177. Realizzata in pietra locale, da abili scalpellini formati alla scuola cistercense, si presenta con una nobile facciata arricchita da tre portali, di cui il centrale a sesto acuto sorretto da colonnine e bei capitelli, ed è ingentilita da un rosone incorniciato da un arco a tutto sesto sorretto da colonne. Il campanile, appartenuto alla precedente chiesa distrutta nel 1165, è stato rimaneggiato durante la costruzione della chiesa. L’interno a tre navate, è diviso da archi a sesto acuto poggianti su pilastri; quelli vicini al presbiterio sono addossati a colonne sormontate da superbi capitelli. Le navate laterali terminano con due absidi quadrate, mentre quella centrale con un’abside semicircolare, realizzata nella metà del settecento e che contiene un bel coro in legno. Un rosone inonda la chiesa di tersa luce, così anche le monofore laterali su due livelli. Numerose e importanti le opere d’arte e i pregevoli affreschi, che vanno dalla metà del XIII secolo fino al XVII secolo, custodite all’interno. Tra tutte, spicca il meraviglioso pulpito, realizzato nel 1291, a cassa quadrata su quattro colonne con capitelli lavorati con elementi fitozooantropomorfi. Quattro faccine silvestri rivelano la perizia del lavoro dello scalpellino. Un grande falcone che ghermisce un montone, sorretto da una bella colonna ottagona, funge da lettorino per la proclamazione del Vangelo. L’opera è stata completata da Pietro Gullimari di Priverno con i suoi figli, Marisio e Giacomo ma, in base ad una bolla di Papa Innocenzo IV del 1248 che ordinava di assegnare un beneficio ecclesiastico al chierico GIOVANNI figlio di NICOLA PISANO che all’epoca viveva ad Amaseno, si pensa che il pulpito sia stato iniziato da NICOLA PISANO, autore del pulpito del Duomo di PISA e del Battistero dello stesso e successivamente completato dai Gullimari. Situato all’ingresso della chiesa, nella navata laterale sinistra, subito dopo la “porta pagana” per l’accesso dei catecumeni, si trova il Battistero. Costruito in pietra calcarea, ha la forma di una vasca rotonda di 107 cm di diametro. Il fonte battesimale è sormontato da un baldacchino quadrato. L’unica colonna su cui poggia il ciborio, gli altri tre lati, infatti, sono addossati ai muri della chiesa, termina con un capitello decorato con foglie di quercia e ghiande, simile a quello del pulpito. Per la similitudine dello stile e della lavorazione, si ritiene che l’opera sia stata realizzata dalla famiglia Gullimari di Priverno. Preziosissimo è il "Cristo deposto" a grandezza naturale. Rimasta intatta per dieci secoli, si tratta di un’opera scultorea lignea, policroma, che ritrae il Nazzareno deposto dalla croce, risalente al XII secolo. Tanto bella quanto antica, questa statua costituisce uno degli esempi più interessanti di scultura medioevale. Unico nel suo genere e visibile solo su richiesta, è un reliquario, purtroppo ancora poco conosciuto. Nell'involucro d'argento che ne riproduce la testa e il busto è custodito il cranio di San Tommaso Veringerio. Di grande pregio e fattezza stilistica, è un’opera di cesello unica e preziosa; la sua parte superiore in corrispondenza della calotta cranica si apre mediante uno sportello, anch’esso d’argento, creato per mostrare appunto il cranio osseo di questo santo misterioso. Altra opera di notevole fattura anche essa visibile su richiesta è la croce astile. È costruita in lamina d'argento dorato a sbalzo su supporto ligneo; tralci di vite e cespi di trifoglio adornano ambedue i lati. Alle estremità tribolate dei bracci sono apposte otto piastre d'argento con figure in bassorilievo lavorate a cesello. Nella parte anteriore vi sono le riproduzioni della Madonna, S. Giovanni apostolo, S. Maria di Cleofa e S. Maria Maddalena, mentre nella parte posteriore trovano posto un'aquila, un bue, un leone e un'angelo, ossia i simboli biblici dei quattro evangelisti S. Giovanni, S. Luca, S. Marco e S. Matteo. Nella cona sinistra dell’ingresso principale della chiesa si trova la statua di San Bernardino da Siena, alta poco meno del naturale (mt. 1,30), che forse tenne ad Amaseno una missione popolare. È raffigurato in atteggiamento oratorio con l’avambraccio e l’indice della mano destra levati in alto e con un libro nella sinistra. La statua si ritiene sia stata scolpita verso la fine del ‘400 da un’artista locale Tra l’inizio del XIII e il XIV secolo venne affrescato il presbiterio e, sulla volta dell’altare, un cielo che raffigura, con immagini di santi, sante e agnelli l’immagine della Gerusalemme celeste, citata nel libro dell’Apocalisse (XII secolo). Di notevole interesse, sul lato sinistro del presbiterio, si erge sul suo trono di gloria, una raffigurazione della Trinità (XVI secolo) molto singolare: un solo corpo sul quale sono innestati tre volti. Al lato della Trinità, si può vedere una solenne Crocifissione di Cristo attorniata da diversi personaggi: Maria, Giovanni, il soldato Longino, angeli svolazzanti e i lacerti di una Maddalena. Sulla parete di fronte si trovano due file di santi e sante, affreschi databili tra il XIII e il XIV secolo. Nella fila più alta sei figure. Da sinistra a destra: santa Caterina d’Alessandria (ruota uncinata); una Santa con vesti da matrona; un Santo con tunica e mantello, copricapo e bastone; Madonna in trono con Bambino; un Santo con tunica e pallio e un corto bastone nella mano sinistra; un Santo in dalmatica girato di profilo che tende le mani verso un devoto (san Lorenzo?). Nella fila inferiore, molto rovinata, restano solo quattro figure: un santo Vescovo in abiti pontificali e in mano uno strumento, che sembra un cardatoio (san Biagio); un Santo in saio domenicano (posteriore) (san Tommaso d’Aquino?); una Santa in tunica bianca con velo in posizione orante (sant’Agnese?); santa Caterina d’Alessandria (ruota uncinata). Possiamo inoltre ammirare altri affreschi sulle pareti della chiesa. In fondo sulla parete interna della facciata: un Cristo buon pastore con una pecorella attorniato da San Giovanni Battista e San Lorenzo; nella cappella di destra l’Adorazione dei Magi e nella cappella di sinistra il Sacrificio di Isacco e L’ultima Cena. Oltre alle pitture murali si trovano: un Trittico Bizantino su tavola raffigurante la Santa Vergine con Bambino, San Nicola di Bari e Sant’Ambrogio di Ferentino. Sempre su tavola, firmata da Gabriel Ferbursi 1581, una splendida Madonna del Rosario con Santa Caterina e San Domenico, circondati da uomini e donne dell’epoca. Intorno all’opera 15 misteri del Rosario. Su tela firmata da Fasolilli è l’opera dell’abside raffigurante l’imperatore Valeriano che condanna a morte il diacono Lorenzo che, incurante dei carnefici che gli preparano il supplizio, contempla nell’alto dei cieli Maria che ne viene assunta, quasi a presagire la sua destinazione finale e quella sita nella cappella di san Lorenzo, simile a quello dell’altare. In sacrestia è conservata una tela del XVI secolo raffigurante la Vergine con Bambino che protegge Amaseno fortificata con torri e cinta muraria, con i santi protettori Lorenzo e Tommaso Veringerio. Uno dei tesori che apparteneva alla Chiesa di santa Maria fino al 26 gennaio 1920, era lo sportellino in legno, dalle dimensioni di cm 32x18,5, decorato con smalti a disegni geometrici e floreali di colore azzurro e rosso, contornato da una cornice in metallo dorato, il tutto contenente al centro un angelo dorato in rilievo, con le ali sollevate, un libro nella mano sinistra e la destra benedicente. Quest’opera di origine francese, denominata «l’Angelo di Amaseno», fu allora venduta per la somma di 2000 lire al Museo di Palazzo Venezia a Roma, dove tuttora può essere ammirata e con il ricavato fu possibile riparare la Chiesa. Oltre al magnifico edificio sacro e alle opere d’arte che lo completano, la chiesa di Santa Maria possiede un tesoro prezioso e unico che è presente nella Collegiata fin dal 1177, descritto nell’atto di consacrazione, dove, oltre le informazioni inerenti l’evento della consacrazione, c’è una lista di reliquie presenti nella chiesa in quel giorno solenne. Tra queste è menzionata una particolare reliquia, definita in latino “de pinguedine s. Laurentii Martyris” e in volgare “delle grassecze de santu Laurentiu martiru”. Si tratta di una fiala in vetro contenente una sostanza allo stato solido di colore bruno. Nel corso dei secoli, l’ampolla del sangue di San Lorenzo è stata custodita in diversi luoghi. In una stanza laterale della chiesa vi è un imponente e artistico armadio, costruito all’inizio del 1700, con quattro ante. Esso contiene gli arredi sacri, ma una parte di esso, finemente decorata, quasi a costituire una piccola cappellina, era dedicata alla custodia delle reliquie. Non si conosce prima di questa data, né il luogo dove era conservata l’ampolla del sangue di san Lorenzo, né il modo. Non si hanno particolari notizie di questa reliquia, fino agli inizi del 1600 quando venne notato, non senza stupore, che quel prezioso contenuto, nella ricorrenza della festa del santo Martire, il 10 agosto, passava spontaneamente dallo stato solido e compatto allo stato liquido. Come ricordano alcuni storici, «uomini di provata fede» (è da pensare che si tratti dell’allora vescovo di Ferentino e del Principe Colonna, feudatario di Amaseno), informarono il papa Paolo V, allora regnante (1605-1621), il quale rimase ammirato dal «portento del Martire» e volle per sé alcune gocce di «questo prodigioso sangue» da conservare tra le atre reliquie dei santi nel sacrario della cappella da lui eretta presso la Basilica di S. Maria Maggiore in Roma. Il fatto prodigioso sicuramente creò notevole interesse, tanto che il cardinale Girolamo Colonna (1604-1666), signore di queste terre, fece racchiudere la preziosa ampolla in un reliquiario d’argento. Molto probabilmente si tratta del magnifico reliquiario, attribuito alla scuola del grande artista Gian Lorenzo Bernini, dove è tuttora conservata l’ampolla con il sangue del santo. Questa massa, che durante l’anno appare in forma solida e di colore rosso scuro, durante la festa del 10 di agosto di ogni anno, si liquefà, assumendo un bellissimo colore rosso vivo. Tale prodigio si ripete puntualmente, ogni anno, nei giorni a ridosso della festa del santo. Nel 1649 Paolo Aringhi (1610-Roma-1676) dell’Oratorio di san Filippo Neri, scrittore e archeologo, incaricato dal cardinale Girolamo Colonna, fu testimone di una liquefazione che riporta nel suo scritto Roma subterranea novissima in qua post Antonium Bosium antesignanum, Joannem Severanum, Congr. Oratorii Presb., et celebres alios scriptores, antiqua Christianorum et precipue Martyrum Coemeteria illustrantur, Romae, 1651. Ogni anno, dunque, nella ricorrenza della festa di San Lorenzo, il 10 agosto, si rinnova puntualmente questo fenomeno prodigioso, in modo spontaneo, senza ricorso a movimenti dell’ampolla provocati manualmente. In genere la massa impiega circa nove giorni per raggiungere il massimo grado della liquefazione, che permette al liquido di muoversi liberamente nell’ampolla se questa viene appena scossa. Allo stato liquido la sostanza appare fluida e trasparente alla luce, cosa impossibile quando è allo stato solido, lasciando chiaramente vedere, sul fondo, un deposito di terra e cenere e un pezzo di pelle che galleggia liberamente in esso. Il fatto prodigioso si è verificato anche in altri periodi dell’anno, in particolari occasioni, sia nella chiesa di S. Maria Assunta dove e è custodita: 1754/1759 in occasione della visita del Vescovo diocesano Pier Paolo Tosi; 3 ottobre 1954 davanti al Vescovo diocesano Tommaso Leonetti; 1 settembre 2001 alla presenza di un pellegrinaggio di San Lorenzello (Bn); sia in occasione di pellegrinaggi della reliquia: 15-21ottobre 1967 a Firenze (il sangue si è liquefatto due volte); 21-28 settembre 1969 a Milano (il sangue rimase sciolto per tutta la settimana). In occasione del pellegrinaggio a Malta, nella cittadina di San Lawrenz nell'isola di Gozo, il 24 e 25 luglio 2014. Anche in queste circostante, la liquefazione è avvenuta in modo improvviso e spontaneo. E’ interessante notare che la sommità dell’ampolla di vetro presenta una decisa rottura con la mancanza di una scheggia vitrea dell’orlo. La fiala è chiusa, dunque, semplicemente da un tappo con della garza e relativi sigilli in ceralacca. La frattura impedisce la chiusura ermetica del contenitore, permettendo così uno scambio gassoso tra l’esterno e l’interno della fiala e tuttavia il materiale che è contenuto all’interno non subisce corruzione, il che costituisce un ulteriore evento prodigioso.
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Costo: gratuito.
Ultimo aggiornamento: 16 aprile 2024, 14:09